In un anno il mercato globale delle assicurazioni muove (in termini di premi lordi incassati) oltre 5mila miliardi di dollari (l’8% del prodotto interno lordo globale). A dominare il settore sono le imprese statunitensi, che detengono il 56,2% del mercato), seguite a lunga distanza da quelle giapponesi (7,4%), inglesi (7,3%), tedesche (7%) e francesi (5,8%). In Italia -dove operano un centinaio di imprese e sono autorizzati quasi 250mila intermediari di assicurazione- le compagnie straniere controllano una fetta pari al 36% del mercato nazionale.

“Quello delle assicurazioni è un settore ancora molto redditizio, in generale nel mondo e in particolare in Italia: il tasso di profitto rapportato al capitale proprio (Roe) delle compagnie italiane si è attestato, a fine 2020, vicino al 12%, sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente”, scrive l’economista Alessandro Messina in una lunga analisi pubblicata sul sito di Altreconomia.

Il settore assicurativo svolge un ruolo cruciale sia nella vita dei singoli (pensiamo, ad esempio, alle assicurazioni auto, con cui molti di noi hanno familiarità ed esperienza diretta) sia in termini di peso sull’economia nazionale e globale. Per questo motivo occorre riflettere sulla sua reale sostenibilità, senza farsi trarre in inganno da strategie di comunicazione ingannevoli.

Si registrano luci e ombre, avverte Messina, rispetto a come le imprese interpretano la sostenibilità “abbracciando più o meno convintamente le nuove istanze regolamentari, che riflettono le richieste delle forze politiche e della società civile”.  Con riferimento alle scelte di investimento, ad esempio, il 60% delle imprese assicurative dichiara di aver adottato politiche “green” nella selezione dei titoli e degli strumenti verso cui indirizzare le proprie risorse. Il 59% dichiara di integrare i criteri Esg nelle stesse scelte di investimento (relativi ad ambiente, società e qualità della governance delle imprese). “Solo il 36%, però, evita di investire nelle società ‘non sostenibili’ e ancor meno, il 29%, di essere disponibile a disinvestire da quelle già in portafoglio -scrive Messina-. E poi c’è un 21% di imprese che dichiara di non fare nulla per la sostenibilità”.

Per quanto riguarda i clienti, solo il 27% delle compagnie si dichiara pronto a non coprire i rischi di clienti “non sostenibili”, il 45% integra i criteri Esg nella fase di sottoscrizione delle polizze. Ma più di un terzo delle compagnie dichiara di non fare nulla rispetto a questi temi nella relazione con i clienti.

“Insomma, il mercato delle assicurazioni è uno dei pilastri dell’economia e della finanza globale. È ampiamente dominato dalle compagnie residenti nelle aree economiche avanzate (Stati Uniti, Giappone, Europa). Nelle pratiche di sostenibilità appare ampiamente lontano da una piena consapevolezza del proprio ruolo sociale e per la transizione energetica -scrive Alessandro Messina-. Non dovrebbe servire altro a spiegare perché l’esperienza di Caes, il Consorzio assicurativo etico solidale, sia tanto importante. E perché risultano così preziosi i numeri e le informazioni contenuti nel Bilancio sociale 2021 del consorzio”. Un documento prezioso e importante che sintetizza -in numeri e cifre- un anno di lavoro e che aiuta clienti, soci e amici di Caes “ad avere piena contezza dell’impatto che l’approccio solidale alle assicurazioni produce sulle nostre società e comunità”.

Nelle prossime settimane, con le tradizionali “Pillole” di Bilancio sociale andremo ad analizzare alcuni temi particolarmente rilevanti.